La storia dei mezzi a motore è ricca di veicoli memorabili che, purtroppo, non hanno mai visto la luce diventando reali, ma sono rimasti solamente uno schizzo di un designer o un progetto di un valente tecnico. A distanza di anni, però, capita che riemergano dagli “abissi” prototipi pre-produzione: è il caso della BMW R7, un modello progettato prima della Seconda Guerra Mondiale, rivoluzionario, innovativo e ricco di soluzioni tecniche d’avanguardia. Una motocicletta dagli illustri natali, blasonata, avveniristica, eclettica, dalla livrea elegantissima ed invidiabile. É stata costruita nel 1935 come prototipo e purtroppo, è rimasta a tale stadio a causa degli elevati costi di produzione. Oggi, come all’epoca, è di una bellezza sconvolgente e presenta soluzioni innovative ed all’avanguardia per gli anni ‘30 del secolo scorso.
Come dicevamo, l’R7 non fu mai commercializzata per via degli alti costi di produzione dovuti alla fondamentale tecnologia con la quale fu realizzata: la forcella telescopica, ad esempio, rappresentava un vero must: all’epoca fu adottata per la prima volta sulla BMW R12 del 1935, una motocicletta di serie. Nel 1934 Alfred Böning concepì la R7, realizzandone solamente due esemplari, uno dei quali è stato ritrovato nel 2005 in un garage, sotto una coltre di polvere, rovinosamente intaccato dal dannoso acido della batteria. Da allora, i tecnici di BMW Motorrad hanno lavorato scrupolosamente, avvalendosi della documentazione di Böning, perfettamente conservatasi negli anni, per riportare all’antico ed originale splendore l’attraente R7 rimasta in letargo forzato.
Il motore bicilindrico boxer a valvole in testa, 4 tempi raffreddato ad aria, dall’architettura rimasta pressoché invariata nel corso degli anni fino ai nostri giorni, ha una cilindrata di 750 cc, due valvole per cilindro ed è capace di erogare 35 CV a 5.000 giri e di raggiungere la velocità massima di 145 Km/h. Tale propulsore, già in uso sulla BMW R16, presenta delle soluzioni stilistiche innovative, di stampo decisamente futuristico. Il telaio è scatolato in lamiera stampata, ingloba il serbatoio e si sviluppa in un blocco unico, che va dalla testa delle forcelle fino alla ruota posteriore. Anche il propulsore completo è carenato e lascia in evidenza i soli cilindri, i copri-punterie dei quali sono totalmente lisce e di forma ovoidale. I freni sono a tamburo laterale, verniciati di nero lucido, stessa colorazione delle sovrastrutture della motocicletta e di cerchi e raggi.
L’arzigogolato disegno dei parafanghi e la scrupolosa dovizia di filetti e fasce bianche completano l’ardita sperimentazione, non solo di carattere estetico, ma anche squisitamente tecnico: il motore, infatti, è letteralmente appeso alla lamiera, senza alcun ulteriore fissaggio. La struttura, così concepita, non è però scevra da difetti e rappresenta il principale punto debole del veicolo, perché non è in grado di garantire un’efficace rigidità d’insieme. L’avviamento è a pedale, sito sulla sinistra della motocicletta ed il peso a vuoto della due ruote misura circa 178 Kg; sul lato destro della motocicletta, all’altezza del suo serbatoio, campeggia la leva manuale del cambio, completa di innesti scavati nella cromatura superiore. Il corposo, ma elegante insieme, viene sagacemente mitigato dalla piccola gemma posteriore e dai particolarissimi scarichi a coda di pesce, schiacciati e d’impronta molto moderna per l’epoca, che corrono lungo entrambi i lati del nobile motociclo.
Il risultato del durissimo restauro totale è senza ombra di dubbio pregevole: a distanza di svariati lustri, può essere infatti ammirata dagli appassionati di tutto il mondo come una motocicletta blasonata, in perfetto stile Decò, dalle linee pulite ed eleganti: la scocca, progettata per celare il propulsore, dona un’impronta aeronautica, rafforzata dal copioso uso di cromature ed acciaio. Poter salire in sella alla BMW R7 rappresenterebbe per i cultori del Marchio un traguardo non indifferente, capace di far “sbocciare” nei lori animi un’emozione difficile da descriversi.
Autore: Pier Paolo Fraddosio