E’ la volta ora di quei modelli che possono definirsi unità appartenenti all’ultima generazione di “vere” Vespa 2 tempi. Le PK, nelle loro molteplici versioni, non hanno riscosso un grande successo e, conseguentemente, non sono riuscite a farsi ricordare come dei veri mezzi di interesse storico e collezionistico, pur avendo raggiunto l’età per esserlo. Sono comunque utili mezzi di locomozione cittadini.
STORIA E UN PO’ DI TECNICA
La Vespa 50 è nata nel 1963 e quella automatica nel 1987: varie sono le tappe evolutive, conosciute dalla Vespa nel corso della sua lunga carriera e longeva vita. La Vespa 50 rimane indubbiamente un veicolo metropolitano e, come tale, l’automatica è la più facile da condurre.
Subito dopo l’uscita di scena della ultima Vespa Special 50 cc viene presentata, durante il Salone di Colonia del 1982, la Vespa PK50, praticamente gemella della sorella maggiore PK 125 e cugina delle Vespa PX di più generose dimensioni.
Rispetto ai modelli precedenti, la PK si distingue per la nuova scocca caratterizzata da linee spigolose.
La posizione di guida è più confortevole viste le maggiori distanze tra il manubrio, la sella e la pedana poggiapiedi; i punti di saldatura non sono più in vista grazie ai bordi ruotati all’interno dei gusci scocca e del parafango anteriore; il manubrio, in lega leggera, presenta il corpo centrale amovibile per un facile accesso alla componentistica interna, mentre il guscio lato motore è dotato di uno sportello incernierato, completamente liscio e senza feritoie.
Oltre al modello base della PK 50 (V5X1T), è reperibile anche quello PK-S (V5X2T), più raffinato e comprendente, di serie, gli indicatori di direzione ed il bauletto portaoggetti dietro lo scudo.
Nel 1984 e per due anni, viene prodotta la versione automatica della PK 50, praticamente identica al modello base eccetto per la dotazione del cambio automatico. La leva di sinistra sul manubrio comanda il freno posteriore anziché la frizione, quindi la Vespa non è dotata del pedale sulla pedana di destra; ulteriore differenza rispetto al modello base si riscontra sugli sportelli ai lati dei gusci laterali, i quali presentano sei feritoie diagonali per lato ed il bauletto portaoggetti diventa di serie; il propulsore è differente da quello a marce perché caratterizzato dall’ammissione lamellare. Per il mercato estero vengono prodotte anche le versioni da 80 e 100 cc.
A partire dal 1985 le due versioni vengono chiamate rispettivamente XL (V5X3T) e XLS (V5S2T) e presentano alcuni aggiornamenti estetici, riguardo al frontale ed alla sella, proprio per rimediare all’insuccesso delle vendite dei modelli precedenti.
La linea è più fluida, ma lo scooter rimane comunque scoordinato nella parte sottosella e per lo spigoloso fanalino posteriore; viene inoltre dotata di borchie copricerchi che non piacciono molto. Tra i miglioramenti tecnici vi è la sostituzione delle puntine del volano magnete con un’aggiornata accensione elettronica; la strumentazione è più completa e comprende l’indicatore del livello del carburante.
Dal 1987 la Vespa PK 50 S Automatica (VA51T) si evolve nella versione Plurimatic (VA52T), alla quale vengono apportati solo piccoli aggiornamenti estetici. Dedicata ai quattordicenni i quali però sembrano non apprezzarla a dovere, la Plurimatic, dotata di trasmissione automatica, funziona notevolmente bene.
Durante il corso dello stesso anno, la PK 50 XL Rush viene prodotta approfittando della nuova normativa che elimina il vincolo della potenza legata al valore massimo di 1.5 CV. Lo spunto da fermo diventa quindi più interessante e la novità tecnica di maggior rilievo è rappresentata dalla sospensione anteriore antiaffondamento. Il propulsore ha un carattere decisamente brioso avendo a disposizione il 46% in più della potenza. Questa volta il pubblico di adolescenti si dimostra molto soddisfatto. L’estetica però continua a non piacere, soprattutto per la vistosa porzione del sottosella e le svariate finiture nere.
Nel 1989 viene presentata la nuova Vespa 50 PK, la “N” (V5X5T), con cambio a tre rapporti e caratterizzata da una linea più slanciata rispetto ai precedenti modelli, oltre che dalla camma apri-ganasce anteriore flottante, utile per dividere meglio lo sforzo del comando. La leva dello starter è sita tra la leva del freno anteriore e la manopola del gas, a differenza delle Vespa meno recenti; comodi ed estremamente funzionali si rivelano i comandi elettrici a destra ed a sinistra del manubrio, le leve e le manopole sono più anatomiche, mentre la strumentazione con fondo azzurro è completa rispetto agli altri “cinquantini” coevi e ben leggibile, ma due spie sono inutilizzate. Molto vistosa è la cornice che segue il perimetro dello strumento; la capacità del bauletto portaoggetti è stata ampliata del 20% e lo sportello si apre per mezzo della stessa chiave che aziona il bloccasterzo, l’accensione e la serratura della sella. Il propulsore è dotato di ammissione a valvola rotante ed ha il cilindro realizzato in ghisa.
Sempre nel 1989, viene prodotta anche la versione automatica della “N”, la Speedmatic (V5P1T). Le leve al manubrio sono sagomante in maniera anatomica e la manopola di sinistra ha due posizioni, una per il folle e l’altra per l’innesto della trasmissione: ruotando solamente la manopola si possono effettuare delle sgassate da fermo, utili alla “pulizia” del motore, senza impegnare la trasmissione. La versione automatica non è dotata, a differenza di quella manuale, della classica scatola per gli attrezzi sotto la sella.
Esteticamente la nuova 50 cc è riconoscibile per i fregi sui gusci laterali di color azzurro/verde, a forma di freccia. I motori delle due versioni sono completamente diversi tra loro: la manuale ha il cilindro in ghisa, la distribuzione rotante sulla spalla sinistra dell’albero motore, il carburatore è a ghigliottina ed il cambio a tre marce; la versione automatica, invece, è dotata di cilindro in lega leggera con canna al gilnisil, di distribuzione lamellare, di un carburatore a farfalla, di frizione e variatore a masse centrifughe con cinghia di gomma. Con le lamelle si migliora la coppia ai bassi regimi, con il carburatore a farfalla si ottiene, inoltre, una maggior prontezza di alimentazione.
La versione del 1989 è una delle più importanti, creata senza rinnegare i concetti base, originari (la monoscocca portante in lamiera stampata), ovvero quelli tuttora apprezzati per motivi di affidabilità, eleganza e praticità.
In occasione del Salone di Milano del 1991 viene presentata al pubblico la Vespa 50 PK FL2. Essa ha tutta la porzione superiore del manubrio ridisegnata ed una fisionomia morbida. Le pedane solo di colore nero, rivestite di materiale plastico su una maggiore superficie rispetto a quelle della precedente serie e la forma del bauletto dietro lo scudo è concava proprio per offrire uno spazio maggiore alle gambe del vespista.
Tale versione venne prodotta fino al 1996 ed è l’ultima Vespa 50 dotata di motore 2 tempi.
Come per tutte le altre PK, anche per la FL2 viene costruita una versione Speedmatic con cambio automatico identica alla versione base tranne che per l’assenza del pedale del freno posteriore e per la presenza di decalcomanie sui cofani posteriori ed ai lati del parafango anteriore.
TESTANDOLE
Nelle partenze da fermo le versioni manuali vantano una leggerissima supremazia, ma non è tutto merito loro: è “colpa” di quell’attimo di esitazione che ricorre in tutte le trasmissioni automatiche del tempo.
Le automatiche prendono comunque il sopravvento immediatamente, inserendosi nel traffico con grande scioltezza, mentre le manuali rimangono indietro, con il fastidio di manovrare il cambio: queste ultime, in compenso, restano le migliori nell’affrontare le più ripide salite.
Altra differenza tra le due versioni è riscontrabile nei loro consumi di carburante: il propulsore dell’automatica è più potente di quello della manuale, che si presenta un po’meno sobrio; per quanto riguarda la rumorosità di scarico, la più brillante automatica è più sonora, ma sempre entro i limiti civili.
Per il resto rimane tutto pressoché identico nelle due versioni: la frenata, decisamente sicura, lineare e senza reazioni sgradevoli e pericolose, la comoda posizione di guida, l’assenza di vibrazioni, fumosità e risonanze. L’innesto del motorino d’avviamento risulta però un po’ rumoroso.
Le versioni automatiche sono impareggiabili nell’uso urbano, mentre le manuali piacciono molto ai conservatori, vanno meglio in salita e consumano meno.
La famiglia delle PK, vuoi per la linea spigolosa, ben diversa da quella più arrotondata delle Vespa degli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, vuoi per alcuni particolari estetici, non riscuoto il successo delle più anziane sorelle.
Autore: Pier Paolo Fraddosio